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Scheda XIV: Solaro, casa di via al Santuario della Madonnetta 13

Uno dei cinque itinerari di crinale perpendicolari alla costa zoagliese prende avvio da "via del Castello", conduce al Santuario della Madonnetta, perviene al Monte Anchetta e allo spartiacque che circonda ad anello la vallata del torrente Semorile e scende, infine, a Rapallo facendo tappa al Santuario di Montallegro.
Lungo tale itinerario, a sud del Santuario della Madonnetta, si trova la località Solaro, per cui Raffaela Stellato ha proposto l’identificazione con la statio romana Ad Solaria, citata nella Tabula Peutingeriana e nelle antiche fonti itinerarie dell’Anonimo Ravennate e di Guidone.

Si tratta di una posizione che precisa le ipotesi della critica tradizionale, divisa, al riguardo dell’ubicazione di Ad Solaria, tra l’identificazione con Zoagli o Rovereto (cfr. scheda I).
I glottologi considerano il termine Solaria un derivato in – ario –, proprio del latino parlato, del latino sol, sole, quindi “zona esposta al sole”, caratteristica geografica che da un lato è riscontrabile nella località Solaro, dall’altra è evidentemente molto diffusa, determinando un proliferare di toponimi con la stessa radice (per esempio, sempre sul territorio zoagliese, la località Solari presso la strada vicinale San Pantaleo-Sant’Antonio).

L’identificazione di Ad Solaria con Solaro sembra quindi non sostenibile sulla sola base linguistica; la vicinanza con Rovereto, peraltro, aggiunge indizi interessanti che potrebbero suggerire, in via puramente ipotetica, l’ubicazione di Ad Solaria nella zona orientale del territorio di Zoagli.

A Solaro si trova un insediamento ottocentesco formato da almeno tre emergenze interessanti, corrispondenti agli attuali civ 11, 13 e 15 di via Al Santuario della Madonnetta.

L’edificio al civ 11 è un tipico esempio di villa borghese tipo “castelletto”, versione rurale dei ricchi edifici tardo-ottocenteschi e primonovecenteschi di cui si sono rilevati diversi esempi nel centro di Zoagli (cfr. scheda VIII, scheda IX, scheda XVI, scheda XVII). Il civ 15 è una grande casa padronale a impianto rettangolare, all’interno della quale sono tuttora conservati interessanti reperti di civiltà contadina (le macine di un frantoio e il sistema a trazione che ne permetteva il funzionamento).

Il civ. 13, qui considerato in specifico, è un semplice ma notevole edificio a pianta quadrata, impostato su due piani, con copertura in abbadini d’ardesia a due spioventi. Le pareti esterne sono rivestite di intonaco a fondo liscio color rosso, segnato da fasce spartipiano gialle, graffite e dipinte con striature arancio e azzurro, creando un insieme di notevole raffinatezza; gli spigoli sono pure graffiti e dipinti a finto bugnato.

Il semplice ed elegante portalino d’ingresso in marmo bianco, che si presenta in forme tipicamente ottocentesche, è costituito da snelli stipiti lievemente modanati, come l’architrave e la lunetta che inquadra un sovraporta in ferro battuto.
Sulla lunetta è applicata una chiave di volta, sempre in marmo, sulla quale figurano le iniziali “F. F.”. A sinistra del portale è murata una tessera in marmo con la data 1876.
Le finestre sono distribuite a ritmo regolare, ampie, rettangolari e inquadrate anch’esse da fasce gialle dipinte; i vetri sono centinati e spartiti in quattro parti per anta, i serramenti sono del tipo “alla cremonese”.

All’interno è possibile intravedere soffitti a solaio, formati da travi a cui è fissato un rivestimento in canniccio intonacato, più curato nel settore sud dell’edificio.
Al secondo piano, dalla finestra centrale, si scorgono soffitti affrescati. Notevole, inoltre, la raffinata modanatura del cornicione marmoreo sottogronda.

Ampie cadute di intonaco mostrano una muratura in pietra a scaglie, cementata con poca malta. I cantonali, invece, sono formati da grossi conci.

L’edificio è in pessime condizioni conservative e a serio rischio di perdita, in seguito a una dinamica di degrado comune a molte case rurali abbandonate: il crollo, anche parziale, del tetto permette la stagnazione delle acque e la loro risalita dal basso.

Un intervento di restauro urgente sembrerebbe auspicabile, a maggior ragione, trattandosi di un notevole esempio di casa rurale datato, con caratteri di particolare ricercatezza e, sebbene rovinato, ancora leggibile nel suo impianto originario: sembra infatti da escludere il sovrapporsi di diverse fasi edilizie, almeno per quanto riguarda l’impianto complessivo del volume esterno. Più frequente, invece, il caso in cui il riuso dei manufatti rustici tende a cancellare i segni del passato, nel tentativo di imitare le case urbane e di migliorare la qualità della vita.

Ciò comporta, a fronte di un maggior costo dell’intervento, il risultato di alterare il paesaggio e diminuirne il valore economico, visto il crescente interesse del turista e dell’amatore qualificato e con possibilità economiche verso ambienti il più possibile conservati.

Alla prima metà dell’Ottocento risalgono solo il 10% delle case rurali intonacate del Genovesato, mentre il 50% è stato costruito nella seconda metà del secolo e il 40% nei primi decenni del Novecento. Esempi di edifici tipologicamente simili a quello qui esaminato (ma impostati su tre piani e con tetto a quattro spioventi) sono la cosiddetta Canova di Corsiglie (Neirone), costruita all’esterno del nucleo che ha conservato diverse case del secolo XVI e la Villa Merea – Magnasco a Genova, sulle alture di Staglieno.

BIBLIOGRAFIA

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G. PETRACCO SICARDI, R. CAPRINI, Toponomastica storica della Liguria, Sagep, Genova 1981, p. 72.

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1986-1987

R. Stellato, Fortificazioni edifici ecclesiastici borghi nella Liguria di levante nel Medioevo: Comune di Zoagli, tesi di laurea, Università degli studi di Genova, a.a. 1986-1987, relatrice prof. Colette Dufour Bozzo.

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1993

I. F. CABONA, Liguria: Ritratto di una regione, Sagep, Genova (I ed. 1988), pp. 212-219 e fig. 186.

REDATTO DA: Silvia Vallini
REVISIONATO DA: Colette Bozzo Dufour
DATA: 22/2/2002